Uno dei principali argomenti di
dibattito attuale riguarda l’aspetto etico della libertà di stampa e le
implicazioni legate alla diffusione di notizie che possono creare disagio o
veri e propri problemi ansiosi. Dalla nota vicenda su “charlie hebdo” alla
diffusione di notizie riguardanti le azioni dell’ISIS ci si chiede fino a che
punto la libertà di stampa può spingersi senza provocare situazioni pericolose,
controproducenti se non vero e proprio appoggio a terroristi. Ciò che infatti
trasforma il fatto in una notizia è la sua pubblicazione, ma spesso la notizia
può diventare spot e servirsi del diritto di cronaca per pubblicizzare azioni
che creano disagio a chi le ascolta. Che la stampa sia veicolo di manipolazione
mediatica sembra essere evidente, ma allora bisognerebbe anche chiedersi: è
giusto che la satira invada il campo delle credenze religiose o prenda di mira
difetti fisici? Fino a che punto è bene sapere che un bambino sia stato
trasformato in assassino? E’ costruttivo divulgare notizie sottolineando la
nazionalità o il colore della pelle di chi compie azione delittuose? Deve la
notizia comprendere commenti o il diritto di cronaca deve limitarsi a
raccontare? Qualcuno si è mai posto il problema delle implicazioni psicologiche
di chi legge o ascolta una notizia?
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