mercoledì 21 ottobre 2020

Scorciatoie pericolose


Negli anni '70 del secolo scorso Kahneman e Tversky scoprirono un modello di pensiero molto sottile, ma enormemente intuitivo e sintetico che influenza il comportamento umano: le euristiche, ovvero scorciatoie mentali. 

In sintesi per ragioni di affaticamento mentale siamo portati a sintetizzare la realtà non in modo matematico, ma in modo conveniente al nostro modo di pensare, giustificando gli avvenimenti in modo semplicistico e spesso mettendo in gioco vere e proprie assurdità (come casi fortuiti o superstizione). Banalmente, se sono abituato a prendere l'auto per andare al lavoro sono propenso a pensare che l'auto funzionerà sempre e non prenderò mai in considerazione un guasto improvviso nel mio normale modo di pensare (salvo poi pensare alla sfortuna o all'oroscopo se rimango per strada, senza pensare che un corretto piano di manutenzione avrebbe evitato il guasto). Le sfumature euristiche sono talmente affascinanti e semplici da influenzare praticamente tutti gli individui. 

Le scorciatoie di pensiero mi sono venute in mente proprio in occasione di questa seconda ondata di epidemia da corona virus. La maggior parte della popolazione avverte come lontana l'ipotesi di essere contagiati, tanto che si è creduto a molti dei proclami che qualche negazionista portava avanti per ignoranza o per calcoli politici. Molti non ritenevano possibile una seconda ondata di epidemia, tanto che gli stessi responsabili non hanno ritenuto opportuno rinforzare le strutture di emergenza. E nonostante sia ormai chiaro che vi sarà una nuova massiccia epidemia si fa fatica a mettere in atto comportamenti responsabili di auto protezione. Le euristiche hanno preso il sopravvento. "Andrà tutto bene!" è talmente dentro di noi da non considerare possibile che il virus ci possa toccare. Ma l'epidemia è solo un esempio. Siamo talmente immersi in una società consumistica da non ritenere pensabile poter fermare o quantomeno cambiare il nostro modo di vivere. Sono anni che gli scienziati fanno i "Don Chisciotte", dicendo puntualmente come un sistema basato sul consumo prima o poi si esaurisce e nonostante tutto pensiamo che "ci salveremo!". 

Le euristiche sono pericolose, eppure si rafforzano inesorabilmente fino a portarci dentro le catastrofi..... Per dirla come in un vecchio film: "Continuiamo così, facciamoci del male!"

lunedì 21 settembre 2020

Per esempio....




Dopo la prima metà del secolo scorso fiorirono una serie di esperimenti psicologici per capire la vera natura dei comportamenti dell'uomo. 
Uno di questi è stato condotto da Philip Zimbardo (https://it.wikipedia.org/wiki/Esperimento_carcerario_di_Stanford) e ha dimostrato come basta dare un potere ad un gruppo di persone per verificare in graduale abuso da parte delle persone che lo esercitano. 
Un altro, altrettanto interessante, è stato condotto da Albert Bandura (https://it.wikipedia.org/wiki/Esperimento_della_bambola_Bobo) ed ha dimostrato come la sostanziale ripetizione di alcuni comportamenti genera emulazione in soggetti che li guardano. 
Penso che basta guardare il comportamento attuale di molte persone per capire di come tali comportamenti continuano a segnare le cattive abitudini sociali. 
Si potrebbe concludere che alla base del benessere sociale occorre la giusta scelta delle persone a cui viene affidato un qualsiasi potere divulgativo e valutare la messa al bando di ogni video o immagine che faccia trapelare un comportamento negativo.
Una particolare attenzione andrebbe riversata soprattutto nei media e in ogni messaggio audiovisivo che viene inviato nella nostra mente. E' molto pericoloso, a livello sociale, lasciar trapelare esempi audiovisivi di comportamenti aggressivi, anche se per criticarli o stigmatizzarli. Di particolare interesse sono poi esempi di format composti da 3/5 personaggi "professionisti" che giudicano "dilettanti". Tutti questi esempi rappresentano messaggi altamente negativi che generano emulazione nella vita di tutti i giorni. 

martedì 7 aprile 2020

Sono proprio necessari i social?


Da quando ci sono i social come è cambiata la qualità della vita? 
Chi può rispondere con certezza a questa domanda? Nessuno, ma ci sono dei marker che ci inducono a valutazioni soggettive.
Personalmente penso che la qualità della vita si è abbassata, forse in modo inconsapevole, ma si è abbassata almeno per questi motivi:

1) molte famiglie si sono dissolte come neve al sole, si è vero, forse erano già finite, ma senza i social riuscivano a produrre almeno una presenza.....

2) siamo più controllati, se facciamo una ricerca su internet per i giorni successivi siamo tempestati da annunci pubblicitari e telefonate, i nostri movimenti sono registrati, in barba ad ogni norma sulla privacy, e qualche delinquente se ne approfitta;

3) i ragazzi hanno perso ogni concetto pratico, soprattutto nei rapporti personali, non si parla più viso a viso, al massimo qualche emoticon, persino il sesso è diventato virtuale..

4) quasi tutti sembrano ormai prigionieri di una spirale che annulla ogni volontà di pianificare con passione, si fa solo il necessario per galleggiare in un mondo di doveri prestabiliti da regole poco flessibili.

No, non vedo qualità positive con l'utilizzo dei social.

“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli“. (Umberto Eco)

martedì 17 marzo 2020

Sindrome da ragionier Filini


Quanti di noi hanno avuto l'esperienza di un collega iperattivo? Quanti di noi sono stati coinvolti in iniziative continue, solo perchè si organizzava in modo invadente a nome di tutti? E' la sindrome da ragionier Filini, disturbo psicologico comune, resa pubblica dalla genialità di Paolo Villaggio magistralmente interpretata da Gigi Reder. Il ragionier Filini è la trasposizione dell'ADHD in chiave adulta, una iperattività prorompente, assoluta, senza possibilità di contraddittorio, invasiva. Persona capace di attaccarsi ad ogni potenziale appiglio che gli possa consentire un seguito interessato e non contestabile. E' quello che fa i moduli. E' quello che alimenta la burocrazia. E' quello che stampa tutto. Oltre a ciò crea iniziative che piacciono a chi ha potere o ad una parte politica incline alla beneficenza e dalle quali è difficile, se non impossibile, sottrarsi. Spesso il "ragionier Filini" di turno è interessato a farsi notare. E' quello che attira più lavoro per tutti, che dirige, che coordina. Per non parlare di cene o ritrovi. Psicologicamente è a metà strada tra il disturbo istrionico di personalità e le teorie sul gruppo di Gustav Le Bon / Sigmund Freud / Kurt Levin. La massa è sempre alla ricerca di una guida ed è questa la forza del ragionier Filini, una logica comoda, paciona, ma che rischia di trasportarci verso un'incapacità di reclamare la nostra libertà, di andare controcorrente, di rimanere avvinghiati in una ragnatela organizzativa. Un appello a tutti i "Filini" in lettura: concentrate il vostro piacere su di voi, evitate di guardare gli altri come "compagni", a molti piace vivere la propria vita da soli in autonomia.

mercoledì 11 marzo 2020

Sindrome dell'untore ovvero il trionfo dei pregiudizi


Il cosiddetto coronavirus, nella sua drammaticità, non è il solo problema dell'umanità anzi, dovremmo essere grati al virus per aver manifestato un altro virus ancora più antipatico e contagioso: il pregiudizio. Da quando si è diffuso il coronavirus si è scatenata l'apologia del pregiudizio. Prima contro i cinesi, tutti i cinesi, ingiustamente colpevoli di spargere il virus. Dopo qualche giorno i cinesi siamo diventati noi, anzi, "quelli di Codogno" prima, poi "i milanesi", quindi "i lombardi" e infine "gli italiani". Non è difficile immaginare che tra qualche giorno tutti gli europei, gli stessi che hanno alzato i muri, si ritroveranno ad essere evitati. Quelli che sono fuori di volta in volta additano all'untore, salvo poi accorgersi di essere dentro anche loro. Ma non solo, viviamo di tanti pregiudizi che ci avvelenano esattamente come un virus. Viviamo di altri-cattivi, italiano-buono. E dentro l'italia in ogni campanile vi è un cattivo diverso da noi.... per il pregiudizio però vi è già un vaccino, si chiama apertura mentale, è gratuito e si trova in tutte le librerie, quelle serie.

"E' più facile spezzare un atomo che un pregiudizio" (A. Einstein)

venerdì 13 dicembre 2019

Cattivissimi noi!


Il CENSIS ci ha informato che gli italiani si sono incattiviti.
Penso che ce ne siamo accorti tutti. 
Il motivo viene individuato nella crisi economica, ma non sono tanto sicuro di questo. 
Se infatti è vero che vi è una crisi economica, mi sembra di riscontrare più una crisi empatica. L'egoismo, che non dipende certamente dall'essere più poveri, si è impennato esattamente con la capillare diffusione della comunicazione virtuale. 
Non vi è dubbio che la comunicazione non verbale è stata ridimensionata nelle interazioni tra persone e questo ci ha fatto perdere la maggior parte delle interazioni empatiche, di conseguenza ci stiamo abituando a guardare solo la nostra realtà psicologica, ignorando sempre più la realtà psicologica dei nostri interlocutori. 
Manca quindi la comunicazione tra esseri umani nel senso più completo del termine. 
Una postura, uno sguardo, un silenzio sono spesso più esaustivi di tante parole. Da una persona triste o allegra si possono capire tante cose, dal tono della voce si può interpretare la stessa frase come un complimento o un rimprovero. Bene, con la comunicazione virtuale, attraverso un freddo messaggio, abbiamo perso tutto ciò, nella migliore delle ipotesi possiamo condire il messaggio con una emoticon, ma quello che perdiamo a livello empatico è veramente tanto. Stiamo diventando freddi automi, ignorando le condizioni dell'altro, incapaci di interpretarne i sentimenti o le condizioni psicologiche. 
Quello che misuriamo come "cattiveria" è in realtà un nuovo, normale adattamento alla mancanza di empatia, uno svilimento del sociale, una pericolosa deriva dei sentimenti condivisi. Esistiamo solo noi, noi e il cellulare....

lunedì 9 dicembre 2019

C'era una volta l'esaurimento nervoso


Si scopre oggi un termine, sempre più di moda, il "burnout" ovvero l'esaurimento nervoso provocato da stress correlato a lavoro. In realtà il termine era già conosciuto alle persone che avevano famiglia e la maggior parte degli esaurimenti nervosi, fino a qualche tempo fa, era provocato dal cambiamento di ritmi imposti dalla nascita di un figlio. Oggi no, oggi è il lavoro che ci colpisce a tradimento e, quasi naturalmente, le famiglie si dissolvono nelle nebbie dei nostri vuoti familiari.
Fare carriera per molti è più importante della propria serenità. Nei posti di lavoro si assistono a vere e proprie guerre di successione con tanto di agguati che niente hanno a che vedere con lo svolgimento di un compito per produrre qualcosa, ma ricordano spesso lotte medioevali. Il prodotto principale per il lavoratore moderno si chiama "promozione" e per una promozione molti sono disposti a giocarsi la serenità inconsapevolmente. Non è una questione di soldi o di bisogni, chi si gioca la libertà per lavorare entra in una vera e propria spirale che lo attanaglia. La chimera di guadagnare qualcosa in termini di considerazione diventa più forte dei propri affetti al punto da dimenticare il proprio figlio dentro un abitacolo parcheggiato al sole. 
Non c'è solo psicologia in tutto ciò. Le politiche economiche, aziendali, le crisi, hanno cambiato la natura intrinseca del lavoro. L'aspetto umano del lavoratore non sembra interessare più a nessuno (a parte qualche psicologo idealista). 
Eppure basterebbe poco. 
Con l'attuale tecnologia una giornata di lavoro potrebbe essere di 4 ore, si potrebbe allargare il mondo del lavoro almeno al doppio delle persone attualmente occupate e si potrebbe restituire tempo alle famiglie, alla vita e perchè no, ai consumi, con guadagno per le aziende stesse e anche per la felicità di qualche bambino. 
E' l'uovo di Colombo, nessuno sembra accorgersi della soluzione a portata di mano.
E' la "sindrome di Greta", sappiamo benissimo quale è la cosa giusta da fare, ma chi ha responsabilità si guarda bene dall'attuare quelle politiche che cambierebbero veramente le condizioni imposte da un sistema suicida.