venerdì 13 dicembre 2019

Cattivissimi noi!


Il CENSIS ci ha informato che gli italiani si sono incattiviti.
Penso che ce ne siamo accorti tutti. 
Il motivo viene individuato nella crisi economica, ma non sono tanto sicuro di questo. 
Se infatti è vero che vi è una crisi economica, mi sembra di riscontrare più una crisi empatica. L'egoismo, che non dipende certamente dall'essere più poveri, si è impennato esattamente con la capillare diffusione della comunicazione virtuale. 
Non vi è dubbio che la comunicazione non verbale è stata ridimensionata nelle interazioni tra persone e questo ci ha fatto perdere la maggior parte delle interazioni empatiche, di conseguenza ci stiamo abituando a guardare solo la nostra realtà psicologica, ignorando sempre più la realtà psicologica dei nostri interlocutori. 
Manca quindi la comunicazione tra esseri umani nel senso più completo del termine. 
Una postura, uno sguardo, un silenzio sono spesso più esaustivi di tante parole. Da una persona triste o allegra si possono capire tante cose, dal tono della voce si può interpretare la stessa frase come un complimento o un rimprovero. Bene, con la comunicazione virtuale, attraverso un freddo messaggio, abbiamo perso tutto ciò, nella migliore delle ipotesi possiamo condire il messaggio con una emoticon, ma quello che perdiamo a livello empatico è veramente tanto. Stiamo diventando freddi automi, ignorando le condizioni dell'altro, incapaci di interpretarne i sentimenti o le condizioni psicologiche. 
Quello che misuriamo come "cattiveria" è in realtà un nuovo, normale adattamento alla mancanza di empatia, uno svilimento del sociale, una pericolosa deriva dei sentimenti condivisi. Esistiamo solo noi, noi e il cellulare....

lunedì 9 dicembre 2019

C'era una volta l'esaurimento nervoso


Si scopre oggi un termine, sempre più di moda, il "burnout" ovvero l'esaurimento nervoso provocato da stress correlato a lavoro. In realtà il termine era già conosciuto alle persone che avevano famiglia e la maggior parte degli esaurimenti nervosi, fino a qualche tempo fa, era provocato dal cambiamento di ritmi imposti dalla nascita di un figlio. Oggi no, oggi è il lavoro che ci colpisce a tradimento e, quasi naturalmente, le famiglie si dissolvono nelle nebbie dei nostri vuoti familiari.
Fare carriera per molti è più importante della propria serenità. Nei posti di lavoro si assistono a vere e proprie guerre di successione con tanto di agguati che niente hanno a che vedere con lo svolgimento di un compito per produrre qualcosa, ma ricordano spesso lotte medioevali. Il prodotto principale per il lavoratore moderno si chiama "promozione" e per una promozione molti sono disposti a giocarsi la serenità inconsapevolmente. Non è una questione di soldi o di bisogni, chi si gioca la libertà per lavorare entra in una vera e propria spirale che lo attanaglia. La chimera di guadagnare qualcosa in termini di considerazione diventa più forte dei propri affetti al punto da dimenticare il proprio figlio dentro un abitacolo parcheggiato al sole. 
Non c'è solo psicologia in tutto ciò. Le politiche economiche, aziendali, le crisi, hanno cambiato la natura intrinseca del lavoro. L'aspetto umano del lavoratore non sembra interessare più a nessuno (a parte qualche psicologo idealista). 
Eppure basterebbe poco. 
Con l'attuale tecnologia una giornata di lavoro potrebbe essere di 4 ore, si potrebbe allargare il mondo del lavoro almeno al doppio delle persone attualmente occupate e si potrebbe restituire tempo alle famiglie, alla vita e perchè no, ai consumi, con guadagno per le aziende stesse e anche per la felicità di qualche bambino. 
E' l'uovo di Colombo, nessuno sembra accorgersi della soluzione a portata di mano.
E' la "sindrome di Greta", sappiamo benissimo quale è la cosa giusta da fare, ma chi ha responsabilità si guarda bene dall'attuare quelle politiche che cambierebbero veramente le condizioni imposte da un sistema suicida.

venerdì 6 dicembre 2019

Il falso potere del bullo

E' capitato a tutti di venire in contatto con un bullo, a volte la cosa è inconsapevole e si smonta da sola, altre volte lascia un segno indelebile nella personalità di una vittima.
Il bullo è un individuo che nasconde i propri sensi di colpa, dietro una maschera beffarda. Per auto-convincersi ad essere autorevole ha bisogno di esercitare un potere subdolo verso una vittima designata. La vera forza del bullo è uno sfrenato narcisismo, privo di empatia, generato da i suoi stessi sensi di colpa. I suoi atteggiamenti, spesso sessisti ed egoistici, fanno confluire verso di se altre persone (gregari), con carattere debole, che per paura di essere emarginati fanno da spalla alle sue iniziative verso la vittima designata. Il triangolo perverso bullo, vittima, gregari genera una pericolosa modalità di azione che spesso ha tragiche conseguenze psicologiche. 
Fermare il potere di un bullo non è difficile. L'arma vincente è alzare la voce. Il bullo infatti agisce nella palude omertosa dei suoi gregari, ma quando si alza la voce i gregari svaniscono e il bullo resta nudo e ridicolo. Quindi denunciare subito, illuminare la scena. Esistono varie forme di bullismo che vanno dai gruppi scolastici a vere e proprie cordate di potere in ambito lavorativo.
Contro il bullo esistono numerose organizzazioni che favoriscono l'intervento adeguato, ma se ci abituiamo tutti all'idea di alzare la voce di fronte ogni tipo di sopraffazione i bulli si sciolgono come neve al sole. Pensare al modo più idoneo di ribellarsi al bullismo è una buona regola sempre, se si reagisce subito il bullo si smonta. Occorre inoltre evitare a priori qualsiasi tipo di compromesso o dipendenza psicologica che possa frenare una reazione. Nello specifico, dare troppa confidenza a persone che si conoscono da poco, farsi fotografare o riprendere per gioco in situazioni potenzialmente compromettenti, mostrarsi debole o in cerca di sostegno. 
Il bullismo fa parte del malessere di una società egoista, ma si può combattere..

sabato 29 giugno 2019

Essere Psicologo

Stamattina mi ha contattato un paziente che non sentivo da tempo. Aveva bisogno di un contatto, di un conforto per l'evoluzione di una situazione passata. Ero libero, ci siamo visti informalmente prendendo un caffè. Dopo mi ha voluto abbracciare e quell'abbraccio è stato più remunerativo di qualsiasi tariffa professionale.

A costo di apparire autocelebrativo vorrei ribadire che essere psicologo vuol dire fare un servizio, avere empatia, essere per quanto possibile disponibile. A tutti coloro che comprano titoli allo scopo di guadagnare lauti compensi, che speculano su una professione nobile, che preferiscono rimanere in studi dorati parandosi dietro formalismi inutili, ricordo che esiste ancora una deontologia professionale. 

La chiudo qui, con disgusto per chi sta mercificando la professione....

http://www.ansa.it/emiliaromagna/notizie/2019/06/27/affidamenti-illeciti-di-minori-arresti_891e307a-31bf-475e-bd25-881af0593b48.html

lunedì 24 giugno 2019

Il conflitto


Quando si oltrepassa il limite dell'accettabile vi sono due possibilità: o si soccombe o ci si ribella. La prima ipotesi non è generalizzata, si può scegliere di soccombere un certo numero di volte, accettando una situazione inaccettabile, ma normalmente non ci si tira indietro sempre. Il più delle volte ci si adatta in attesa di una evoluzione che avviene solo se la controparte è intelligente. Nella maggior parte dei casi ci si ribella, se non subito, dopo aver sperimentato che l'accettazione non porta alcun beneficio. Il conflitto tra le persone nasce quindi da una ribellione verso una modalità singola o istituzionale che non è lineare e non rispetta le regole. La dialettica interpersonale porta spesso a diffidare di chi si ribella in quanto il nostro status psicologico è più propenso al mantenimento di uno status quo e non vede mai di buon auspicio un conflitto. Così capita che chi di fatto ha causato una situazione inaccettabile passa da vittima di un conflitto. Col tempo però tutto cambia. La riflessione postuma riabilita quasi sempre chi si ribella (nessuno si ribella senza motivo) e il tempo restituisce la giusta visione di una situazione. 
Da tutto ciò si evincono diversi insegnamenti: 
1) non bisogna mai giudicare; 
2) non dare per scontata una buona fede millantata; 
3) informarsi sempre sui fatti; 
4) prima o poi si ribellano tutti ad una sopraffazione. Giocare col fuoco non è salutare.....

mercoledì 29 maggio 2019

Burnout ...non preoccupatevi è solo stress!


Nel rispetto di decisioni ufficiali, non sono d'accordo a definire il "burnout" un semplice fenomeno lavorativo. Probabilmente chi ha valutato la sindrome ha solo letto gli effetti senza avere mai significativamente sperimentato turni di lavoro di 8 ore e più in condizioni di criticità. Il burnout debilita le persone almeno quanto un'influenza, e per di più spesso non bastano 5 giorni di riposo e neanche una buona medicina. Chi viene colpito da "burnout" non è solo stanco, ma è avvilito da una serie di concause che rendono il lavoro inumano. Si parla di saltare riposi, effettuare doppi turni consecutivi, andare sistematicamente oltre il proprio orario. Ma non è solo lavoro. Attorno alle attività prettamente lavorative c'è un mondo strano e ingiusto che genera stress. Si possono individuare quattro macrocategorie:
1) La burocrazia: si è spesso umiliati da tutta una serie di cose che rendono il lavoro psicologicamente pesante. Innanzi tutto vi è la scarsa empatia dei colleghi burocrati che per ogni richiesta generano un labirinto di problematiche a volte veramente inutili. Ogni pratica diventa una montagna da scalare, ogni richiesta risulta umiliante. 
2) I colleghi: i cosiddetti "furbetti", quelli che evitano i turni pesanti, che approfittano di ogni scusa per assentarsi, che conoscono tutte le possibilità di usufruire assenze giustificate e che, alla fine, costringono a lavorare i soliti noti.   
3) I responsabili: spesso semplicemente incapaci, ma altrettanto spesso oberati da tanti di quei compiti che non consentono di vigilare sul corretto comportamento dei sottoposti, e "quando il gatto non c'è i topi ballano" (vedi punto 2).
4) Le cause esterne correlate al lavoro: i figli da accompagnare, il parcheggio, il traffico, la manutenzione di auto e casa, i problemi di relazione completano il quadro delle macrocategorie che generano stress.
Cosa si può fare? 
Mi sembra banale sottolineare che uno psicologo di riferimento possa rappresentare uno sfogo salutare. Oltre a questo si potrebbe alleggerire il carico di lavoro, riducendo drasticamente le ore lavorative e coinvolgendo più persone nella catena lavorativa, e inoltre controllare l'efficienza lavorativa dei singoli, ma sono solo parole al vento.....

Per approfondire:

sabato 25 maggio 2019

Storia di rispetto e di coraggio


M.L. una delle migliori persone che abbia mai conosciuto, ha sempre messo al primo posto il rispetto per gli altri e per l'ambiente. Una grande voglia di vivere e un'allegria contagiosa era sempre con lei. 
M.L. ci ha lasciato il 23 maggio 2019 un male incurabile l'aveva colpita e il suo enorme rispetto per gli altri ha fatto si che nessuno, fino all'ultimo giorno, lo sapesse. Ci siamo tutti rimasti male, ma il suo enorme coraggio ha vinto. La ricorderemo sempre allegra e piena di vita. Il suo silenzio coraggioso ci ricorda che le belle persone esistono e non stanno mai su un pulpito. La nostra esistenza è frutto di un equilibrio precario che può rompersi da un momento all'altro. Dovremmo ricordarlo più spesso.....