Psicologo si è per passione, e ci si accorge di esserlo quando si capisce di aver principalmente considerato gli altri per quello che pensano o che possono pensare e non per come appaiono. Lo Psicologo è come uno specchio parlante che riflette e restituisce in modo obiettivo quello che spesso una persona non riesce a percepire di se stesso, al netto di condizionamenti. Di seguito le riflessioni di uno psicologo tra tanti....
martedì 17 marzo 2020
Sindrome da ragionier Filini
Quanti di noi hanno avuto l'esperienza di un collega iperattivo? Quanti di noi sono stati coinvolti in iniziative continue, solo perchè si organizzava in modo invadente a nome di tutti? E' la sindrome da ragionier Filini, disturbo psicologico comune, resa pubblica dalla genialità di Paolo Villaggio magistralmente interpretata da Gigi Reder. Il ragionier Filini è la trasposizione dell'ADHD in chiave adulta, una iperattività prorompente, assoluta, senza possibilità di contraddittorio, invasiva. Persona capace di attaccarsi ad ogni potenziale appiglio che gli possa consentire un seguito interessato e non contestabile. E' quello che fa i moduli. E' quello che alimenta la burocrazia. E' quello che stampa tutto. Oltre a ciò crea iniziative che piacciono a chi ha potere o ad una parte politica incline alla beneficenza e dalle quali è difficile, se non impossibile, sottrarsi. Spesso il "ragionier Filini" di turno è interessato a farsi notare. E' quello che attira più lavoro per tutti, che dirige, che coordina. Per non parlare di cene o ritrovi. Psicologicamente è a metà strada tra il disturbo istrionico di personalità e le teorie sul gruppo di Gustav Le Bon / Sigmund Freud / Kurt Levin. La massa è sempre alla ricerca di una guida ed è questa la forza del ragionier Filini, una logica comoda, paciona, ma che rischia di trasportarci verso un'incapacità di reclamare la nostra libertà, di andare controcorrente, di rimanere avvinghiati in una ragnatela organizzativa. Un appello a tutti i "Filini" in lettura: concentrate il vostro piacere su di voi, evitate di guardare gli altri come "compagni", a molti piace vivere la propria vita da soli in autonomia.
lunedì 9 dicembre 2019
C'era una volta l'esaurimento nervoso
Si scopre oggi un termine, sempre più di moda, il "burnout" ovvero l'esaurimento nervoso provocato da stress correlato a lavoro. In realtà il termine era già conosciuto alle persone che avevano famiglia e la maggior parte degli esaurimenti nervosi, fino a qualche tempo fa, era provocato dal cambiamento di ritmi imposti dalla nascita di un figlio. Oggi no, oggi è il lavoro che ci colpisce a tradimento e, quasi naturalmente, le famiglie si dissolvono nelle nebbie dei nostri vuoti familiari.
Fare carriera per molti è più importante della propria serenità. Nei posti di lavoro si assistono a vere e proprie guerre di successione con tanto di agguati che niente hanno a che vedere con lo svolgimento di un compito per produrre qualcosa, ma ricordano spesso lotte medioevali. Il prodotto principale per il lavoratore moderno si chiama "promozione" e per una promozione molti sono disposti a giocarsi la serenità inconsapevolmente. Non è una questione di soldi o di bisogni, chi si gioca la libertà per lavorare entra in una vera e propria spirale che lo attanaglia. La chimera di guadagnare qualcosa in termini di considerazione diventa più forte dei propri affetti al punto da dimenticare il proprio figlio dentro un abitacolo parcheggiato al sole.
Non c'è solo psicologia in tutto ciò. Le politiche economiche, aziendali, le crisi, hanno cambiato la natura intrinseca del lavoro. L'aspetto umano del lavoratore non sembra interessare più a nessuno (a parte qualche psicologo idealista).
Eppure basterebbe poco.
Con l'attuale tecnologia una giornata di lavoro potrebbe essere di 4 ore, si potrebbe allargare il mondo del lavoro almeno al doppio delle persone attualmente occupate e si potrebbe restituire tempo alle famiglie, alla vita e perchè no, ai consumi, con guadagno per le aziende stesse e anche per la felicità di qualche bambino.
E' l'uovo di Colombo, nessuno sembra accorgersi della soluzione a portata di mano.
E' la "sindrome di Greta", sappiamo benissimo quale è la cosa giusta da fare, ma chi ha responsabilità si guarda bene dall'attuare quelle politiche che cambierebbero veramente le condizioni imposte da un sistema suicida.
Fare carriera per molti è più importante della propria serenità. Nei posti di lavoro si assistono a vere e proprie guerre di successione con tanto di agguati che niente hanno a che vedere con lo svolgimento di un compito per produrre qualcosa, ma ricordano spesso lotte medioevali. Il prodotto principale per il lavoratore moderno si chiama "promozione" e per una promozione molti sono disposti a giocarsi la serenità inconsapevolmente. Non è una questione di soldi o di bisogni, chi si gioca la libertà per lavorare entra in una vera e propria spirale che lo attanaglia. La chimera di guadagnare qualcosa in termini di considerazione diventa più forte dei propri affetti al punto da dimenticare il proprio figlio dentro un abitacolo parcheggiato al sole.
Non c'è solo psicologia in tutto ciò. Le politiche economiche, aziendali, le crisi, hanno cambiato la natura intrinseca del lavoro. L'aspetto umano del lavoratore non sembra interessare più a nessuno (a parte qualche psicologo idealista).
Eppure basterebbe poco.
Con l'attuale tecnologia una giornata di lavoro potrebbe essere di 4 ore, si potrebbe allargare il mondo del lavoro almeno al doppio delle persone attualmente occupate e si potrebbe restituire tempo alle famiglie, alla vita e perchè no, ai consumi, con guadagno per le aziende stesse e anche per la felicità di qualche bambino.
E' l'uovo di Colombo, nessuno sembra accorgersi della soluzione a portata di mano.
E' la "sindrome di Greta", sappiamo benissimo quale è la cosa giusta da fare, ma chi ha responsabilità si guarda bene dall'attuare quelle politiche che cambierebbero veramente le condizioni imposte da un sistema suicida.
venerdì 6 dicembre 2019
Il falso potere del bullo
E' capitato a tutti di venire in contatto con un bullo, a volte la cosa è inconsapevole e si smonta da sola, altre volte lascia un segno indelebile nella personalità di una vittima.
Il bullo è un individuo che nasconde i propri sensi di colpa, dietro una maschera beffarda. Per auto-convincersi ad essere autorevole ha bisogno di esercitare un potere subdolo verso una vittima designata. La vera forza del bullo è uno sfrenato narcisismo, privo di empatia, generato da i suoi stessi sensi di colpa. I suoi atteggiamenti, spesso sessisti ed egoistici, fanno confluire verso di se altre persone (gregari), con carattere debole, che per paura di essere emarginati fanno da spalla alle sue iniziative verso la vittima designata. Il triangolo perverso bullo, vittima, gregari genera una pericolosa modalità di azione che spesso ha tragiche conseguenze psicologiche.
Fermare il potere di un bullo non è difficile. L'arma vincente è alzare la voce. Il bullo infatti agisce nella palude omertosa dei suoi gregari, ma quando si alza la voce i gregari svaniscono e il bullo resta nudo e ridicolo. Quindi denunciare subito, illuminare la scena. Esistono varie forme di bullismo che vanno dai gruppi scolastici a vere e proprie cordate di potere in ambito lavorativo.
Contro il bullo esistono numerose organizzazioni che favoriscono l'intervento adeguato, ma se ci abituiamo tutti all'idea di alzare la voce di fronte ogni tipo di sopraffazione i bulli si sciolgono come neve al sole. Pensare al modo più idoneo di ribellarsi al bullismo è una buona regola sempre, se si reagisce subito il bullo si smonta. Occorre inoltre evitare a priori qualsiasi tipo di compromesso o dipendenza psicologica che possa frenare una reazione. Nello specifico, dare troppa confidenza a persone che si conoscono da poco, farsi fotografare o riprendere per gioco in situazioni potenzialmente compromettenti, mostrarsi debole o in cerca di sostegno.
Il bullismo fa parte del malessere di una società egoista, ma si può combattere..
Il bullo è un individuo che nasconde i propri sensi di colpa, dietro una maschera beffarda. Per auto-convincersi ad essere autorevole ha bisogno di esercitare un potere subdolo verso una vittima designata. La vera forza del bullo è uno sfrenato narcisismo, privo di empatia, generato da i suoi stessi sensi di colpa. I suoi atteggiamenti, spesso sessisti ed egoistici, fanno confluire verso di se altre persone (gregari), con carattere debole, che per paura di essere emarginati fanno da spalla alle sue iniziative verso la vittima designata. Il triangolo perverso bullo, vittima, gregari genera una pericolosa modalità di azione che spesso ha tragiche conseguenze psicologiche.
Fermare il potere di un bullo non è difficile. L'arma vincente è alzare la voce. Il bullo infatti agisce nella palude omertosa dei suoi gregari, ma quando si alza la voce i gregari svaniscono e il bullo resta nudo e ridicolo. Quindi denunciare subito, illuminare la scena. Esistono varie forme di bullismo che vanno dai gruppi scolastici a vere e proprie cordate di potere in ambito lavorativo.
Contro il bullo esistono numerose organizzazioni che favoriscono l'intervento adeguato, ma se ci abituiamo tutti all'idea di alzare la voce di fronte ogni tipo di sopraffazione i bulli si sciolgono come neve al sole. Pensare al modo più idoneo di ribellarsi al bullismo è una buona regola sempre, se si reagisce subito il bullo si smonta. Occorre inoltre evitare a priori qualsiasi tipo di compromesso o dipendenza psicologica che possa frenare una reazione. Nello specifico, dare troppa confidenza a persone che si conoscono da poco, farsi fotografare o riprendere per gioco in situazioni potenzialmente compromettenti, mostrarsi debole o in cerca di sostegno.
Il bullismo fa parte del malessere di una società egoista, ma si può combattere..
lunedì 24 giugno 2019
Il conflitto
Da tutto ciò si evincono diversi insegnamenti:
1) non bisogna mai giudicare;
2) non dare per scontata una buona fede millantata;
3) informarsi sempre sui fatti;
4) prima o poi si ribellano tutti ad una sopraffazione. Giocare col fuoco non è salutare.....
mercoledì 29 maggio 2019
Burnout ...non preoccupatevi è solo stress!
Nel rispetto di decisioni ufficiali, non sono d'accordo a definire il "burnout" un semplice fenomeno lavorativo. Probabilmente chi ha valutato la sindrome ha solo letto gli effetti senza avere mai significativamente sperimentato turni di lavoro di 8 ore e più in condizioni di criticità. Il burnout debilita le persone almeno quanto un'influenza, e per di più spesso non bastano 5 giorni di riposo e neanche una buona medicina. Chi viene colpito da "burnout" non è solo stanco, ma è avvilito da una serie di concause che rendono il lavoro inumano. Si parla di saltare riposi, effettuare doppi turni consecutivi, andare sistematicamente oltre il proprio orario. Ma non è solo lavoro. Attorno alle attività prettamente lavorative c'è un mondo strano e ingiusto che genera stress. Si possono individuare quattro macrocategorie:
1) La burocrazia: si è spesso umiliati da tutta una serie di cose che rendono il lavoro psicologicamente pesante. Innanzi tutto vi è la scarsa empatia dei colleghi burocrati che per ogni richiesta generano un labirinto di problematiche a volte veramente inutili. Ogni pratica diventa una montagna da scalare, ogni richiesta risulta umiliante.
2) I colleghi: i cosiddetti "furbetti", quelli che evitano i turni pesanti, che approfittano di ogni scusa per assentarsi, che conoscono tutte le possibilità di usufruire assenze giustificate e che, alla fine, costringono a lavorare i soliti noti.
3) I responsabili: spesso semplicemente incapaci, ma altrettanto spesso oberati da tanti di quei compiti che non consentono di vigilare sul corretto comportamento dei sottoposti, e "quando il gatto non c'è i topi ballano" (vedi punto 2).
4) Le cause esterne correlate al lavoro: i figli da accompagnare, il parcheggio, il traffico, la manutenzione di auto e casa, i problemi di relazione completano il quadro delle macrocategorie che generano stress.
Cosa si può fare?
Mi sembra banale sottolineare che uno psicologo di riferimento possa rappresentare uno sfogo salutare. Oltre a questo si potrebbe alleggerire il carico di lavoro, riducendo drasticamente le ore lavorative e coinvolgendo più persone nella catena lavorativa, e inoltre controllare l'efficienza lavorativa dei singoli, ma sono solo parole al vento.....
Per approfondire:
venerdì 7 settembre 2018
La cultura del furbo
Alla base di quasi tutte le frustrazioni che colpiscono la gente comune vi sono comportamenti prevaricanti, o ritenuti tali, da parte di individui che approfittano di cavilli più o meno legali per avere privilegi. I furbi si manifestano in tantissimi modi, ma soprattutto si manifestano quando sono certi di impunità e fanno danni enormi.
Furbo non si nasce, si diventa,
quando certi comportamenti sono premiati dal vantaggio ottenuto. Quasi sempre
alla base della “filiera” di un comportamento prevaricante vi è una mancanza di
controllo o quantomeno la tolleranza di una piccola concessione che diventa
basilare per un comportamento scorretto. Vi è un certificato medico, vi è una
giustificazione per qualcosa che è stato enfatizzato ad arte (una storta che
viene magistralmente fatta passare per contusione o frattura, una invalidità),
vi è una “assenza giustificata” legata alle tante leggi che un paese civile
mette giustamente a disposizione per attività di sindacato, di accudienza di
minori o infermi, vi è l’avidità di un imprenditore che “chiude” e “riapre” con
lucro. Tutte queste concessioni particolari diventano, nelle mani di un
“furbo”, grimaldelli da usare con destrezza per “rubare” giorni di lavoro, o
sussidi economici.
Ebbene queste persone sono veri e
propri generatori di frustrazioni che colpiscono una maggioranza silenziosa di
persone corrette, che lavorano ogni giorno, che devono far quadrare un bilancio
familiare, che utilizzano i servizi pubblici.
Cosa fare? Sicuramente più controllo
nelle concessioni di qualsiasi “bonus” particolare, ma soprattutto
pubblicizzare l’esempio di ogni persona onesta che rispetta il proprio
stipendio con la propria presenza attiva, che agisce pro-attivamente, che
rispetta chi sta accanto.
Furbi si diventa valutando la
convenienza di un comportamento scorretto, tale comportamento va bandito.
martedì 4 settembre 2018
La sindrome del nido vuoto
Il giorno del saluto viene spesso
ricordato tra i giorni più brutti e spesso si innesca un circolo vizioso misto
di stati ansiosi e depressivi, con grande tentazione di contattare il
figlio.
La sindrome del nido vuoto va
innanzitutto prevenuta in tempo, attraverso una attenta riflessione su un
concetto che spesso il genitore dimentica: il figlio è una persona libera, ed
ha il diritto di fare una vita in libertà. Tale concetto va di pari passo col
concetto di amore libero, nel senso di “non possessivo”. Se infatti si vuol
bene veramente una persona, va lasciata libera.
La sindrome del nido vuoto è quindi
una reazione naturale ad una mancata educazione all’amore, la stessa reazione
che, a volte, in maniera spropositata si manifesta quando avviene una
separazione.
Quando nasce un figlio dovremmo
quindi ripetere a noi stessi, ogni giorno, che il vero compito di un genitore è
quello di riuscire a mettere in condizioni il proprio figlio a inserirsi nella
società, privilegiando le nozioni del rispetto, dell’adattamento e
dell’intraprendenza. Riuscire ad inserire il proprio figlio nella società
significa affievolire tutti gli stati ansiosi e depressivi che sono tipici
della sindrome del nido vuoto con risvolti positivi per tutti.
Iscriviti a:
Post (Atom)